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E tu, sorridi quando parli?

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18 Agosto 2022

E tu, sorridi quando parli?

Autore: Antonio Monizzi

Sorridi, e il mondo sorriderà con te. Piangi, e piangerai da solo.

Questa frase l’ho ascoltata in un film coreano tanto bello quanto strano e a dire il vero un po’ cruento. Ma l’arte, si sa, ha tante possibili manifestazioni.
Ma non è tanto del film in sé che voglio parlarvi, ma proprio dell’atto del sorridere.

Partiamo dal fatto che è ormai cosa scientificamente dimostrata che l’atto del sorridere ha l’effetto di migliorare il nostro umore e addirittura persino capace di ridurre lo stress accumulato. E la cosa incredibile sta nel fatto che non è nemmeno necessario che sia un sorriso autentico, infatti la cosa funziona anche per i sorrisi “finti”!
Se non ci credi, beh non devi fare altro che provarci. Insomma, sforzati a sorridere e goditi i benefici che questo comporta.

Come è possibile tutto questo?

La risposta sta nelle scoperte delle neuroscienze, che grazie a strumenti sempre più attendibili, sofisticati e sempre meno invasivi ci permettono di misurare tutto ciò che accade nel nostro complesso e articolato cervello.
Ed infatti come per qualsiasi cosa facciamo, anche quando sorridiamo il cervello è consapevole e “traccia” questa attività ed è poco importante che questa “postura” sia autentica o no. 

Ti dirò di più: più sorriderai, più sarai in grado mettere in cortocircuito la tendenza naturale del cervello a focalizzarsi sul pensiero negativo. Che per quanto strano possa sembrare, non è in realtà una cosa negativa di per se. Ma di questo magari ne riparleremo in un’altra occasione.
Rimaniamo concentrati sul nostro sorriso (prova a pensare, proprio ora, mentre leggi ti è per caso spuntato un lieve sorriso sulle labbra?).

Sorridere ha lo straordinario potere di incidere sulla neuroplastica, creando schemi positivi che il nostro cervello tenderà a ripetere più spesso. Insomma sorridere è in sostanza un allenamento che facciamo fare al nostro cervello e che ha come conseguenza quello di rendere la “felicità” un atteggiamento, una vera e propria forma-mentis.

Solo che devo a questo punto fare una confessione.
Tutto quello che ho scritto fin qui è vero, ma è soltanto un po’ meno semplice di quanto possa sembrare.
La mia confessione riguarda le mie prime esperienze di fruitore di coaching all'interno del gruppo “palestra della Voce”.  Seguendo le indicazioni di Aurelia, Matteo e Paolo (Vocal Coach del metodo NeuroVoiceColors® che ho scelto di elencare in un ordine meramente alfabetico!!!), e dovendo prestare attenzione ad articolazione, al tono, alle macchine blu e gialle e vattelapesca, biribaule, arcivescovi e kiwi, ebbene quello che mi perdevo era… il sorriso.

Oggi va molto molto meglio devo dire (anche se ogni tanto Andrea Bordin, ideatore del metodo NeuroVoiceColors®, ancora mi bacchetta, aih aih) e voglio salutarvi con un esercizio che mi sono divertito a fare e vi propongo di provare.
Siccome sono partito con una citazione da un film, con un passaggio di un film vi voglio lasciare.

Da Full Metal Jacket, la scena famigerata de “Il sergente maggiore Hartman ”, quella che Andrea spesso cita come esempio di “voce nera” insopportabile, fastidiosa, dolorosa direi.
Le prime frasi del discorso sono :

 
"Io sono il sergente maggiore Hartman, vostro capo istruttore, da questo momento potete parlare soltanto quando vi sarà richiesto e la prima e l'ultima parola che dovrà uscire dalle vostre fogne sarà "signore",  tutto chiaro luridissimi vermi?"

Se ascoltate la clip del film vi accorgerete che il volume è alto, il tono è acuto, il ritmo è serrato, il tempo è veloce ed il sorriso è totalmente assente. Almeno sencondo i paramentri espressivi della Voce adottati dal metodo NeuroVoiceColors®. 
Ora provate a “recitare” la scena lasciando tutti i parametri di tono, volume, ritmo e tempo inalterati e aggiungete semplicemente un SORRISO bello pieno, di quelli come si usa dire a "32 denti" …

Che effetto fa?

Ammettetelo che vi ho strappato una risata!

 
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